La Via Alpina dei Cavalli
CONSIDERAZIONI DELL’ALPITREK SULLE IPPOVIE
Il 25 giugno del 1983 l’Alpitrek lasciava Ventimiglia per attraversare l’arco alpino e arrivare dopo 42 giorni di marcia ininterrotta a Venezia il 2 agosto.
Dall’esperienza di questa epica cavalcata (150.000 metri di dislivello complessivi), era nata l’idea della "via alpina dei cavalli”. Il percorso che partiva da Ventimiglia e arrivava in Valsusa ha costituito il nervo centrale della "Via”. Un gruppo di ditte private ha contribuito a finanziare le ricognizioni a cavallo sul terreno e nel 1985 Regione Piemonte e Provincia di Torino approvavano la realizzazione di questo progetto stampando nello stesso anno la prima edizione della Via Alpina dei cavalli.
![](uploads/images/pages/11 pubblicazioni/01-kartina.jpg)
Erano quelli gli anni della popolarizzazione dell’equitazione. Il cavallo usciva dai suoi storici ambienti diffondendosi tra le più svariate classi sociali; in parole povere erano gli anni del boom dell’equitazione o per essere più esatti il boom del cavallo (visto che non tutti quelli che hanno un cavallo praticano l’equitazione).
Visto il successo della prima edizione Regione e Provincia stampavano nel 1986 la seconda edizione della Via Alpina dei cavalli riveduta e corretta. Questa edizione veniva divulgata non solo tramite le solite vie (manifestazioni e uffici turistici) ma allegandola alla rivista di settore che vendeva a quel tempo 40.000 copie. Dopo il successo della seconda edizione, sempre sullo stesso stile e grafica, il gruppo Alpitrek delle Alpi Apuane, sotto la guida di Paolo Monteleone, editava L’anello degli anarchici, trekking attraverso le Alpi Apuane e nel 1990 l’Alpitrek editava con il Parco Orsiera-Rocciavrè la famosa cartina equestre in cui illustrava le vie attraverso i Parchi dei Laghi di Avigliana, dell’Orsiera-Rocciavrè, del Gran Bosco di Salbertrand e della Val Troncea sotto il nome "Obiettivo Parchi”.
![](uploads/images/pages/11 pubblicazioni/02-anello-anarkici.jpg)
Nel 1993 l’A.P.T. Valsusa e la Provincia di Torino patrocinavano l’edizione di "A cavallo tra Valsusa &Valsangone” in cui veniva messo in evidenza con una grafica da sogno l’itinerario all’ombra dello Chaberton, sentiero che partiva dal campo del Centro di Equitazione Alpina Sperimentale di Giaveno per arrivare a Bardonecchia in sette tappe passando sulla dorsale dell’Assietta, Sestrière e Clavière. L’anno dopo la stessa cartina veniva riproposta sempre dalla Regione e dalla Provincia di Torino in forma grafica diversa per uniformarla a tutte le altre cartine edite in quell’anno.
La struttura organizzativa era costituita dall’elenco e dall’organizzazione dei posti tappa e dalla sequenza dei nominativi utili alla progressione delle compagnie in marcia: trasportatori, maniscalchi, veterinari, guide a cavallo…
Nel 1995 l’Alpitrek aveva riflettuto su questi dieci anni di lavoro ed ara arrivata alla conclusione che le vie dei cavalli alpine e non alpine, come piace definirle all’Alpitrek, o alle ippovie, come sono definite dalla maggior parte degli enti equestri, avevano una grande lacuna: la mancanza di una fruizione tale da giustificarle. Nel ’93 finiva la moda dell’equitazione, la popolazione equestre si contraeva, i cavalieri che affrontavano i trekking non avevano grandi doti educative, di sacrificio, di adattamento e conseguentemente queste "ippovie” diventavano desuete con poche presenze all’anno. In più c’è da tener presente che questo numero limitato di cavalieri che affrontano il trekking a cavallo non ama ripercorrere lo stesso itinerario più di una volta, anche se bellissimo. Questo lo abbiamo notato sul sentiero Chaberton che nell’anno in cui è stato pubblicato è stato percorso da una cinquantina di cavalieri, l’anno successivo da sette mentre l’anno successivo ancora da nessuno nella sua completa interezza.
![](uploads/images/pages/11 pubblicazioni/03-DSCF0734.jpg)
CONCLUSIONI
- sforzo inutile per segnare sentieri che pochi o nessuno percorrerà
- i gestori di rifugi e posti tappa non solo non traggono guadagno ma sono costretti, in teoria, ad avere scorte di fieno e pietanza (costi elevati di trasporto e immagazzinaggio)
- le marcate esigenze degli italiani che preferiscono di gran lunga gli agi, la buona cucina e le notti negli alberghi alla rude vita nel wilderness
- la differenza culturale tra trekking e vacanza
- pericolo di far conoscere posti e luoghi meravigliosi a persone che non hanno i mezzi per capirli
- pericolo di ridurre i luoghi SACRI a edifici turistici eliminado pensiero e preghiera
Quindi le conclusioni nostre sono che le ippovie, oggi come oggi, sono solo un dispendio di risorse pubbliche e private e che non servono quasi a nessuno.
Alternativa.
Con questa esperienza l’Alpitrek ha pensato che l’unica soluzione sono le guide a cavallo. Guide particolarmente in gamba, che conoscono alla perfezione il metodo di progressine, il territorio, i posti tappa e i bivacchi, guadi, creste rocciose e foreste e possono guidare gruppi di cavalieri, che non sono mai numerosi, in sicurezza attraverso ogni tipo di terreno. Per quanto riguarda le cartine sempre l’Alpitrek ha ideato degli anelli di uno o due giorni che sono più indicativi che veri e propri percorsi. Essi hanno lo scopo di far brillare l’idea di salire in sella e andare per vedere una sacra abbazia o un monte dedicato a San Giorgio, patrono di noi scout cavalieri.
Il 25 giugno del 1983 l’Alpitrek lasciava Ventimiglia per attraversare l’arco alpino e arrivare dopo 42 giorni di marcia ininterrotta a Venezia il 2 agosto.
Dall’esperienza di questa epica cavalcata (150.000 metri di dislivello complessivi), era nata l’idea della "via alpina dei cavalli”. Il percorso che partiva da Ventimiglia e arrivava in Valsusa ha costituito il nervo centrale della "Via”. Un gruppo di ditte private ha contribuito a finanziare le ricognizioni a cavallo sul terreno e nel 1985 Regione Piemonte e Provincia di Torino approvavano la realizzazione di questo progetto stampando nello stesso anno la prima edizione della Via Alpina dei cavalli.
![](uploads/images/pages/11 pubblicazioni/01-kartina.jpg)
Erano quelli gli anni della popolarizzazione dell’equitazione. Il cavallo usciva dai suoi storici ambienti diffondendosi tra le più svariate classi sociali; in parole povere erano gli anni del boom dell’equitazione o per essere più esatti il boom del cavallo (visto che non tutti quelli che hanno un cavallo praticano l’equitazione).
Visto il successo della prima edizione Regione e Provincia stampavano nel 1986 la seconda edizione della Via Alpina dei cavalli riveduta e corretta. Questa edizione veniva divulgata non solo tramite le solite vie (manifestazioni e uffici turistici) ma allegandola alla rivista di settore che vendeva a quel tempo 40.000 copie. Dopo il successo della seconda edizione, sempre sullo stesso stile e grafica, il gruppo Alpitrek delle Alpi Apuane, sotto la guida di Paolo Monteleone, editava L’anello degli anarchici, trekking attraverso le Alpi Apuane e nel 1990 l’Alpitrek editava con il Parco Orsiera-Rocciavrè la famosa cartina equestre in cui illustrava le vie attraverso i Parchi dei Laghi di Avigliana, dell’Orsiera-Rocciavrè, del Gran Bosco di Salbertrand e della Val Troncea sotto il nome "Obiettivo Parchi”.
![](uploads/images/pages/11 pubblicazioni/02-anello-anarkici.jpg)
Nel 1993 l’A.P.T. Valsusa e la Provincia di Torino patrocinavano l’edizione di "A cavallo tra Valsusa &Valsangone” in cui veniva messo in evidenza con una grafica da sogno l’itinerario all’ombra dello Chaberton, sentiero che partiva dal campo del Centro di Equitazione Alpina Sperimentale di Giaveno per arrivare a Bardonecchia in sette tappe passando sulla dorsale dell’Assietta, Sestrière e Clavière. L’anno dopo la stessa cartina veniva riproposta sempre dalla Regione e dalla Provincia di Torino in forma grafica diversa per uniformarla a tutte le altre cartine edite in quell’anno.
La struttura organizzativa era costituita dall’elenco e dall’organizzazione dei posti tappa e dalla sequenza dei nominativi utili alla progressione delle compagnie in marcia: trasportatori, maniscalchi, veterinari, guide a cavallo…
Nel 1995 l’Alpitrek aveva riflettuto su questi dieci anni di lavoro ed ara arrivata alla conclusione che le vie dei cavalli alpine e non alpine, come piace definirle all’Alpitrek, o alle ippovie, come sono definite dalla maggior parte degli enti equestri, avevano una grande lacuna: la mancanza di una fruizione tale da giustificarle. Nel ’93 finiva la moda dell’equitazione, la popolazione equestre si contraeva, i cavalieri che affrontavano i trekking non avevano grandi doti educative, di sacrificio, di adattamento e conseguentemente queste "ippovie” diventavano desuete con poche presenze all’anno. In più c’è da tener presente che questo numero limitato di cavalieri che affrontano il trekking a cavallo non ama ripercorrere lo stesso itinerario più di una volta, anche se bellissimo. Questo lo abbiamo notato sul sentiero Chaberton che nell’anno in cui è stato pubblicato è stato percorso da una cinquantina di cavalieri, l’anno successivo da sette mentre l’anno successivo ancora da nessuno nella sua completa interezza.
![](uploads/images/pages/11 pubblicazioni/03-DSCF0734.jpg)
CONCLUSIONI
- sforzo inutile per segnare sentieri che pochi o nessuno percorrerà
- i gestori di rifugi e posti tappa non solo non traggono guadagno ma sono costretti, in teoria, ad avere scorte di fieno e pietanza (costi elevati di trasporto e immagazzinaggio)
- le marcate esigenze degli italiani che preferiscono di gran lunga gli agi, la buona cucina e le notti negli alberghi alla rude vita nel wilderness
- la differenza culturale tra trekking e vacanza
- pericolo di far conoscere posti e luoghi meravigliosi a persone che non hanno i mezzi per capirli
- pericolo di ridurre i luoghi SACRI a edifici turistici eliminado pensiero e preghiera
Quindi le conclusioni nostre sono che le ippovie, oggi come oggi, sono solo un dispendio di risorse pubbliche e private e che non servono quasi a nessuno.
Alternativa.
Con questa esperienza l’Alpitrek ha pensato che l’unica soluzione sono le guide a cavallo. Guide particolarmente in gamba, che conoscono alla perfezione il metodo di progressine, il territorio, i posti tappa e i bivacchi, guadi, creste rocciose e foreste e possono guidare gruppi di cavalieri, che non sono mai numerosi, in sicurezza attraverso ogni tipo di terreno. Per quanto riguarda le cartine sempre l’Alpitrek ha ideato degli anelli di uno o due giorni che sono più indicativi che veri e propri percorsi. Essi hanno lo scopo di far brillare l’idea di salire in sella e andare per vedere una sacra abbazia o un monte dedicato a San Giorgio, patrono di noi scout cavalieri.