Pier Maria Formento

Questa è la storia di Pier Maria Formento, uno dei nostri più vecchi fiancheggiatori, amante dei cavalli e dell'ironia dotato di grande umanità e professionalità
I suoi documentari sono spettacolari purtroppo non tutti sono vedibili, alcuni spezzoni si possono vedere su y.tube. Il primo è girato nel 1983 su mauroferraris, il fondatore dell'ak, poi ha seguito l'ak in Carnia sulle orme dei cosachhi e nel 1989 ha seguito implico le stellette nel loro ultimo campo invernale. E' bravissimo a scrivere, decisamente più in gamba di molti noti scrittori, ma lui non è interessato alla pubblicazione, se qualcuno è interessato possiamo inviare alcuni suoi scritti, attualmente è assessore alla cultura del comune di Schio

Barbara Hofman



Voleva  regalare un abito sioux alla fidanzata, ricordo il periodo era prima dell’ 1982, lo ricordo perchè allora ero fidanzato con una persona orripilante (eravamo bambini) che, per gran fortuna, era scappata con un "caro” amico nel 1982 appunto. Scappando fece un gran regalo a tutti ma quello più beneficiato fui appunto io.
Pit era sul portone del laboratorio in cui lavoravo in san Salvario, quartiere a ridosso del palazzo comando fiat (ora fatiscente),  cuore pulsante della grande azienda, piena di gente frustrata nel e dal viscido lavoro quotidiano.  A quei tempi in fiat se volevi sopravvivere dovevi leccare e se volevi "far carriera” dovevi leccare ancora di più, leccavano tutti (quasi) dal basso verso il vertice, più  ti alzavi più dovevi subire e strisciare, quelli che andavano in pensione difficilmente riuscivano  ancora a cantare.
In via giacosa, a due passi dal palazzone, gli anarchici consigliari avevano il covo noi l'avevamo in via saluzzo, non era raro vederci prendere un caffè insieme al bar a loro mischiati, loro: gli impiegati fiat.
Noi eravamo ricchi perchè non spendevamo e privilegiati perchè non lavoravamo (ora siamo ancora più ricchi perchè abbiamo imparato a spendere ancor meno).
Vivevo in un balordo mondo di sogni, giocavo per vivere, giocavo agli indiani, facevo i loro oggetti, mazze da guerra, archi, scudi e vestiti appunto.
Pit aveva sentito in città circolare la voce sulla nostra attività, era arrivato con un libro (che ho tutt'ora), voleva un vestito di pelle di daino ricamato con perline di vetro da regalare ad Anty.
Voleva un capolavoro che solo noi potevamo fare. Fu in quella occasione che conobbi Anty, donna tra le  più affascinanti da me incontrate. Per crearla Dio vi aveva messo del Suo, aveva sbattuto nel frullatore raffinata eleganza, bellezza e, come non bastasse, aveva aggiunto intelligenza e altre virtù umane come sensibilità e così via. Insomma un'ingiustizia enorme verso il femminile torinese, ma lei era innocente.
Tutte le donne di pit erano affascinanti e bellissime, lui dava loro nomi di fantasia tipo kid (stupenda).
Pit, rampollo della buona borghesia torinese, rispettava formalmente le oscuranti regole della sua classe decadente ridendoci sopra, ovviamente frequentava quelli della "crocetta” e del bar platti che per la borghesia di quegli anni era l'equivalente dello spaccio nella caserma riguardo il ritrovo tra simili.
Era già geniale allora, aveva fatto un poster affiancando un centinaio di fototessere che vendeva ai frequentatori del bar. Un quadratino era libero ( l'ultimo in fondo a destra) e lì inseriva la foto del poveraccio che voleva aggiungere la sua immagine alla  platinata gioventù (così comprava il poster pure lui).
Pit rideva dei suoi simili, rideva ancor più sui parvenù ( dio quanti erano), ma  non disprezzava MAI i poveracci. Metello in questo era simile a lui
Di mestiere scrittore e regista, buon regista, salvato dal successo dalla fortuna e dalla (nostra) grande alleata: la pigrizia; per volere il successo occorre essere un po' fessi e soprattutto aver voglia di lavorare  e recitare come vuole il sistema.
Poi si sposò, sempre Pit, una donna ovviamente ricca, molto ricca, tra tutte le 'splendide donne' era quella che mi piaceva meno, eravamo giovani e scemi e volevo portargli in regalo un mantello sioux da "innamorati”, volevo portarglielo a cavallo nella villa (Sassi) dove si sarebbe svolta la cerimonia, -arrivare-dare-scappare- nel mio stile. Per fortuna prima dell'exploit ho telefonato alla madre che non avevo mai né visto né sentito ma conoscevo bene tramite i racconti di pit, per chiederle se l'idea poteva funzionare. Era entusiasta; stavo preparandomi quando arrivò il contrordine, la famiglia della sposa non gradiva l'incursione degli indiani a cavallo, il mantello gli arrivò in seguito. Quando il matrimonio finì, poco dopo, me lo ridiede perchè Laura non gradiva averlo sotto gli occhi, ed era troppo bello per nasconderlo, quel mantello dev'essere stato venduto a Milano ma non so bene che fine abbia fatto.
Alcuni mesi dopo il matrimonio  Pit leggeva un libro verso le 10 di sera. La moglie era rientrata in casa di malumore e indispettita dalla serenità del mio amico gli aveva dato dell'autistico. Lui povero la guardava meravigliato, mentre gli ingiungeva di andarsene. Rimasto immobile pensava, sentirsi dire dalla moglie alle 10 di sera 'vattene' (senza alcun preavviso) è stravagante, tra l'altro la casa sulla collina torinese era sua (della moglie). Continuò a pensare alcuni minuti, poi si chiese: cosa avrebbe fatto un gentiluomo del sud ( il suo spirito era sempre stato a sud della linea madison-dixon) in una situazione come questa? Quindi, senza parola si alzò dalla poltrona, mise in una borsa i suoi fucili e il libro che stava leggendo, salutò e alle 11 di sera se ne andò. Per sempre.
trovò rifugio in un residence proprio nello stesso punto dove c'eravamo incontrati in via Saluzzo tanti anni prima per il vestito di Anty. Dopo questo particolare matrimonio aveva poi incontrato una nota scrittrice, quella Laura (splendida ovviamente anche lei) del mantello restituito, specializzata in romanzi erotici ed è con lei ancora adesso.
Vivono  felicemente a Schio, paese in cui pit è diventato nientemeno che assessore alla cultura.
Non ricordo bene la storia ma lui doveva essere originario di Rueglio, capoluogo della valchiusella, una specie di paradiso perduto e piuttosto fuori mano dalle parti di Ivrea. Per caso l'amico Roberto teneva la sua cavalla in una frazione da quelle parti, e quando la diede a Paola (che sarebbe poi andata a Santiago e tornata eccetera eccetera) eravamo andati a prenderla lì. L'avevamo caricata sul van e, scendendo, Gabriella e Roberto si erano fermati a salutare un amico, allevatore di trotter a  Rueglio. Pit aveva sempre parlato di quella valle, avevo sempre sentito parlare di Rueglio, avevo sempre sentito parlare della madre di Pit, e sapevo che abitava proprio lì. Il posto era magnifico, la giornata verso la fine. Parlando con questo allevatore avevo chiesto notizie della mamma di pit e lui  aveva risposto che se aspettavo qualche minuto sarebbe passata perchè tutti i giorni faceva una passeggiata davanti alla sua scuderia. Passati alcuni minuti la vedo in effetti passare, o meglio, me la indicano perchè io non l'avevo mai vista. Le vado incontro a passo veloce, quasi di corsa, come  fossi un vecchio parente dall'aspetto inquietante ( e forse lo ero), mi fermo ad un metro da lei dicendo 'lei è la mamma di pit', lei risponde 'sì, e lei?' 'mauro ferraris' e ci abbracciamo per la prima volta.

Ps
pochi anni fa, due o tre, giunge una mail dalle marche, donatella (allora sconosciutissima) ha una figlia appassionata di cavalli, vuole venire a trovarci perchè il nostro "modo” potrebbe esser utile (alla figlia). Ok. Arriva in giugno con letizia ( non la figlia ma l'arguta amica), andiamo alla Sacra  per attingere energia, parlado scopro che Donatella aveva vissuto a Torino e che conosceva Pit essendo stata amica di Anty. Poi con la figlia, la nostra Matilde, ebbe inizio un'altra complessa, drammatica bella storia non ancora finita. Pit aveva conosciuto Dona di striscio ma ricorda benissimo la sua eccezionale bellezza.

nota 1
Pit poeta sognatore e cavaliere ha visto nascere l'ak, quasi tutti i documentari sull'ak sono stati fatti da lui, alcuni quando lavorava a Bassano con Ermanno Olmi. Ha seguito l'ak nelle vicende dei cosacchi in Carnia, sulle Alpi Occidentali e con l'esercito alpino, Angelo Artuffo, suo allievo, è il regista di "L'uomo dell'arpa birmana” cortometraggio sulla vita di Luciano Ferraris mitico capo scout e padre spirituale dell'ak
nota 2
questo breve racconto iniziato prima dell'82 non è ancora finito, la madre di pit, incontrata nel 2006, vive ancora a rueglio rispettata da tutti

mauroferraris
venti novembre duemiladodici