Gregorio Luciano Quintilio



a volte i ricordi cadono  lievi come fiocchi di neve
cadono lenti senza fretta
ricoprono miseri corpi
sentiamo  pesi passati e dalla neve ricordati
pian piano ricoprono tutto, groppe, alberi, fili d'erba ingialliti dal gelo
camminiamo cercando di non calperstarli















Gregorio era stato comprato per una persona che, fortunatamente, non lo aveva voluto tenere così, nel 1978, mi sono trovato uno splendido cavallo anglo-arabo-sardo, castrone, baio,meraviglioso. Il più bel cavallo che abbia mai avuto. Bello, sano, bravo ma soprattutto buono. Lui era un cavallo io solo un cavaliere della domenica. Ogni volta che gli montavo in sella mi sbatteva giù, sapeva che sulla sua groppa c’era solo un fastidioso insetto. Poi, pian piano, mi aveva capito, in parte perdonato, sicuramente sopportato. Così dopo qualche mese che lo avevo siamo riusciti ad avere un rapporto cameratesco di amicizia ed affetto che dura tutt’ora anche se è morto nel 1993.
E’ morto tra le mie braccia. Lo avevo portato in clinica per togliergli un dente cariato ma quando il prof. Botti lo aveva aperto aveva trovato un carcinoma enorme nella mascella superiore. Non ho alcun risentimento contro la morte, anzi l’amo, ma in quell’occasione, che l’avevo portato per una cosa che ritenevo da niente, mi era stato consigliato dai dottori di ucciderlo senza farlo risvegliare. Il primo impulso era stato quello di rimetterlo in piedi, riportarmelo a casa e ucciderlo nella sua scuderia, ma poi velocemente, perché l’anestesia totale stava finendo, ho scelto di sopprimerlo lì. Ho sempre cercato un cavallo come lui. Tutti mi dicevano che ogni cavallo ha la sua storia e cercare di ripeterla non è corretto. So che forse hanno ragione ma in cuor mio ho sempre cercato un altro cavallo con cui poter avere l’affetto che ho avuto con lui. Con lui ho passato momenti delicati e mi ha aiutato ad uscire dal buco nero. Con lui ho girato tutte le Alpi Occidentali. Cosciente di essere misero, senza partito, senza una lira, quando ero con lui mi sentivo un dio e quando ero con lui sulle montagne ero pure libero. La solitudine e l’inquietudine, terribili almeno per me nelle notti a 2000 metri, con la sua vicinanza erano affrontate con fierezza. Teneva a bada gli incubi e i mostri che svolazzano nella notte. Fu così che il nostro rapporto divenne talmente bello che destò invidia agli angeli del cielo e ai demoni dell’inferno, così si allearono e mi tolsero la  carne ma non riuscirono mai a togliermi il suo spirito.