• dal 25 luglio al 25 agosto, il campo base dell'Alpitrek si trova oltre le Grange di Valle Stretta. Si parte per escursioni e Grande Randonnèe e si rientra all'accampamento.

  • campo mobile a fine inverno. ogni anno l'itinerario attraversa val Sangone e Val di Susa per raggiungere la neve del Colombardo senza perdere d'occhio la Sacra di San Michele

A cavallo contro lo spreco e la frenesia del mercato

pubblicato da:
http://www.libreidee.org/2009/03/alpitrek-a-cavallo-contro-lo-spreco-e-la-frenesia-del-mercato/

Il trekking a cavallo è una sorta di disciplina dell’anima, lontana da tutto quello che è sport, consumo, spreco, divertimento. Lo afferma Mauro Ferraris, pioniere italiano dell’equitazione alpina, nel nuovo magazine on line dell’Alpitrek, l’associazione dei "cavalieri del cielo” fondata a Giaveno sulle montagne torinesi per spingere i cavalli anche sui ghiacciai, alla ricerca dell’assoluto, inseguendo in tutti i continenti la lingua segreta della terra. Dalle sierras messicane ai deserti dell’Hoggar, dai monti di Kandahar alle steppe russe, le spedizioni dell’Alpitrek hanno aperto la via a un’autentica riscoperta: nuovi equilibri, silenzi, popoli in pace con il loro ambiente.

Tutto è cominciato più di trent’anni fa, quando Mauro Ferraris lasciò Torino e le rivolte studentesche rifugiandosi nel silenzio dei monti. Un’avventura condivisa con un compagno straordinario: un cavallo. Escursioni, scoperte, viaggi. Svolta decisiva, l’incontro con i Lakota Sioux di Fort Laramie, nel Sud Dakota. «Mi insegnarono tutto: valori, rispetto. Imparare a fabbricare oggetti, utensili, abiti». Tornato in Italia, Ferraris esportò sulle Alpi lo stile della prateria. «Vita frugale, niente sprechi». Per vivere aprì una bottega artigiana: articoli di foggia pellirosse, giacconi, stivali, pantaloni, giubbe, «tutti capi realizzati con le mie mani». Una sorta di Decrescita ante litteram: «Saper auto-produrre beni d’uso è la prima regola». La seconda, condividerli: «Lo scambio, il dono reciproco, stanno alla base dei rapporti umani sinceri. Se sei trasparente non avrai mai problemi, con nessuno: l’ho sperimentato tante volte, incontrando beduini e cosacchi, pashtoun e indiani d’America».

Dopo la stagione delle grandi missioni a cavallo, spesso sulle tracce del passato - sulle Alpi Carniche in cerca dell’armata cosacca, o sul Don dove il Savoia Cavalleria nella seconda guerra mondiale si lanciò nell’ultima carica della storia dell’equitazione militare (la leggenda racconta che i russi curarono i feriti italiani e viceversa) - Mauro Ferraris ora vive come un monaco laico del terzo millennio, ritirato sulle montagne alle porte di Torino, dove il club dell’Alpitrek, cementato da affinità elettive, alterna stage di equitazione alpina, corsi avanzati e incontri informali, in una sorta di "università del saper fare” in materia di quadrupedi alpestri. Anche l’antica bottega Sioux ormai è chiusa: «Faccio ancora qualche lavoretto, ma solo il necessario. Preferisco coltivare meglio il mio tempo, godermi le montagne, i cavalli, gli amici, il sapore delle cose fatte in casa».

Così, la tribù dell’Alpitrek evolve, sotto lo sguardo del fondatore. Traversate europee, Pirenei, campi scuola. E ora, anche un newsmagazine. Il primo numero offre un compendio sulla dimensione dell’equitazione alpina, quella vera: filosofia, modalità, dettagli tecnici, mascalcia, logistica, suggestioni e approfondimenti, dall’epopea indiana al bisonte europeo di Bialowieza. Ad emergere, soprattutto, è lo spirito libero dell’Alpitrek, ben riassunto nell’editoriale di Mauro Ferraris:  «La competizione travolge l’essenza della passione, spesso stravolge anche sentimenti e rapporti umani. Dicono che sia stimolante, che aiuti l’umanità a progredire; può darsi abbiano ragione, ma il mondo primitivo è, o meglio era, bellissimo».

«L’andare a cavallo per noi è passione semplice, quasi pura», racconta Ferraris. «Può essere divertente, ma non selliamo per divertirci; possiamo passare del tempo, ma non selliamo perché non sappiamo cosa fare. Ecco perché il trekking a cavallo non è una disciplina agonistica». Animale valutante per eccellenza, l’uomo «ha ridotto l’agonismo in uno sport», ha determinato regole e «imposto la competizione ai fini di ottenere un successo con gli stessi schemi della produzione del mercato e dell’industria», ovvero: «Essere consumato, al prezzo dell’eccesso e dello spreco».

Ma nell’etimo di agonismo, avverte Mauro, "agwnia” significa lotta, esercizio ma anche agitazione e angoscia. «Nella nostra lingua, indica l’estrema lotta con la morte». La trepidazione è quella di cavalli e cavalieri, che condividono «il sentiero dell’agonismo ma non quello della competizione o della supremazia dello sport». Più vicini all’animale-cavallo che all’animale-uomo della citazione nietzschiana, i cavalieri dell’Alpitrek rimangono estranei all’ansia della competizione e della vittoria: tutto questo, al prezzo del risparmio, dell’attenzione, dell’economia e dell’essenzialità intese come rispetto. «Prezzo felice, perché garantisce anche la lontananza dall’uomo dello spreco, organizzatore di gare». Così parlò Mauro Ferraris, pioniere della Decrescita equestre (info: www.alpitrek.com).