Stavano costruendo la grande rotonda

di Sergio Puleo

Stavano costruendo la grande rotonda.  Chi ammassava la terra, chi incastrava le pietre. Gli ulivi, affastellati ancora con le radici all'aria,  trepidavano nell'attesa di essere messi a dimora.
Del vecchio crocicchio avrebbero presto fatto piazza pulita: i quattro cartelli giacevano a terra ed incongruamente indicavano la stessa direzione raso terra.
Il geometra girava in tondo con in mano l'estremo di una corda legata all'altro capo ad un paletto,  descriveva una polverosa orbita,  dove un giorno sarebbero corse le ruote.  Siccome prima di fare il geometra,  aveva fatto il filosofo (aveva piantato lì,  perché vendere idee rendeva ancor meno del vendere rotonde),   aveva un certo geniaccio,   per cogliere le stranezze e le situazioni incongrue.
Così pensava e si domandava:  ma le rotonde infine non spegneranno le intelligenze dei viandanti?
L'incrocio simboleggia l'incontro,  la scelta e (perché no?) il conflitto.   Anche il più rozzo pellegri-no avverte al crocicchio che c'è un tempo di attesa,  un indugiare,  che diventa metafora di vita . . .
Sempre con la sua corda in mano il geometra si sentiva un po' stupido e allora si strinse al vecchio Euclide:  quando due rette infinite si incontrano,  determinano una singolarità (appunto il punto!),  quasi a consolarsi della loro siderale indeterminatezza.
E infine,  se solo sollevassimo l'incrocio dalla sua greve piattezza terrena,    non otterremmo la verticalità  divina,   che si unisce all'orizzonte  dell'uomo terreno?
Il nostro geometra era un uomo con i piedi per terra e di animo giusto,  così cercava le buone ragio-ni della grande rotonda.    In primis troppe bighe si erano sfasciate,  senza rispettare lo stop dell'in-crocio ed in saecundis  gli olivi avrebbero reso meno brullo quell'angolo di deserto,  chissà un gior-no qualcuno si sarebbe seduto alla loro ombra sottile.
Ecco laggiù due figurette cotte dal sole:  l'uomo conduce per la cavezza il somarello.
Il geometra traccia un'altra orbita con la sua corda in mano.  Adesso i due si sono avvicinati e della ragazza si scorgono gli occhi al di sopra del velo,   la mano appoggiata sostiene la curva del ventre  . . .  il nostro geometra  racconterà poi agli amici che quel giorno,  mentre disegnava la rotonda,  aveva sentito le rondini volare nel cuore.        
L'uomo allenta la cavezza del somarello e si guarda attorno incerto e chiede:  "E' questo il grande incrocio?".    Il geometra,   quasi a scusarsi,  farfuglia:  "Stiamo facendo una rotonda . . . comunque di qua si sale alla città del re . . . di là si va a Damasco  . . ."
L'uomo sorride  "No, no,  io cerco un paesino,  che si chiama Casa del Pane".
Il nostro geometra mente:  "Ci stavo giusto andando anch'io . . ."  e aggiunge spudoratamente (erano le dieci e un quarto del mattino!):  "sono in pausa pranzo".
Il geometra cammina accanto al somarello, chiedendosi se incontrerà gli occhi della ragazza almeno una volta ancora.    Camminano in silenzio e giunti alla grande curva sulla prima altura si fermano per lasciare che il somarello riprenda fiato.
Da lassù il nostro geometra guarda il cantiere, dove sorgerà la rotonda. Si vedono bene nella terra riarsa le due strade incontrarsi ad angoli vivi.
Una croce di geometrica perfezione, le cui braccia convergono nell'attesa.

26 Dicembre  2010,   S.Stefano